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Pubblicazioni > Anno della Fede 2012-2013
Dalla Veglia di preghiera tenuta nel nostro monastero l’11 ottobre 2012 in occasione dell’Inizio dell’Anno della Fede
“Alla scoperta del Dio vicino”
Lettera pastorale per tutti i battezzati e per quanti vorranno accoglierla
del Cardinale di Milano Angelo Scola
con alcune domande per la nostra vita
LA PORTA DELLA FEDE
1. L’OFFERTA: incontrare Gesù
“Appena arrivati (Paolo e Barnaba ad Antiochia), riunirono la chiesa e riferirono tutto quello che Dio aveva fatto per mezzo loro e come avesse aperto ai pagani la porta della fede” (Atti 14, 27).
Il cammino della fede comincia con l’accoglienza dell’annuncio “attraversare quella porta comporta immettersi in un cammino che dura tutta la vita” (Porta fidei, 1). Per il credente la vita di ogni giorno è anche un percorso di fede perché segnato sempre dalla presenza di Cristo Gesù, il risorto, il vivente, il contemporaneo che ci fa dono della sua amicizia.
Il Dio che viene si dona all’uomo disposto ad accoglierlo. L’incontro avviene nella storia di ciascuno e dà inizio ad un rapporto che dura tutta la vita. È l’esperienza delle quattro del pomeriggio che segnò l’evangelista Giovanni (cfr. Gv 1, 35-38).
Il primo passo della fede è costituito dunque dall’incontro con il Dio della storia, che si offre gratuitamente al nostro andare pellegrino.
La stessa grazia di Dio opera affinché il cuore si apra all’esperienza dell’incontro, affinché l’incontro avvenga, e si rinnovi giorno dopo giorno. È questo il senso dell’affermazione che la fede è un dono di Dio. Infatti: “san Luca insegna che la conoscenza dei contenuti da credere non è sufficiente se poi il cuore, autentico sacrario della persona, non è aperto dalla grazia che consente di avere occhi per guardare in profondità e comprendere che quanto è stato annunciato è la Parola di Dio” (10). Tale dono, andrà precisato, viene offerto ad ogni uomo, diversamente si rischierebbe di trasmettere un messaggio fuorviante. Lo stupore per il dono della fede, che andrebbe sicuramente recuperato, si accompagna a quello per gli effetti che esso realizza.
Per la condivisione
1. Quanto è chiara la convinzione, in noi, nella nostra gente, che la fede è prima di tutto frutto dell’incontro con il Signore Gesù che ci offre la sua amicizia?
2. Siamo in grado di dire con certezza: “Ho incontrato il Signore?”.
3. Quali sono, in base alla nostra esperienza, luoghi principali dell’incontro? Sappiamo ancora mantenere intatto lo stupore per questo evento?
2. LA RISPOSTA: convertirsi ogni giorno al Signore
All’offerta gratuita dell’incontro rispondiamo con un sì generoso, il sì della fede. Esso realizza in pienezza la nostra umanità.
L’amicizia con Gesù è però esigente, essa può essere accolta solo dall’uomo nuovo, reso nuovo dalla grazia. L’uomo vecchio non è mai però completamente vinto, per questo il sì della fede va continuamente rinnovato e rimotivato: qui non si vive di rendita!
In quanto anche atto umano, esso porta con sé i limiti e le povertà dell’uomo. Da qui la necessità di una sempre rinnovata conversione al Signore. L’Anno della fede porta con sé anche questo obiettivo.
“La Chiesa, che comprende nel suo seno peccatori ed è perciò santa e insieme sempre bisognosa di purificazione, avanza continuamente per il cammino della penitenza e del rinnovamento. […] L’Anno della fede, in questa prospettiva, è un invito ad un’autentica e rinnovata conversione al Signore, unico Salvatore del mondo” (6).
La conversione realizza effettivamente l’inizio di una nuova vita. Essa è dimensione costante dell’esperienza credente. Questo processo di conversione dice sia di un andare sempre pellegrino, sia della fiducia di un approdo reale alla meta. Il percorso è infatti segnato e l’andare è accompagnato. Il segno efficace della carità vissuta diventa, infine, l’espressione privilegiata del progresso di tale cammino e del livello buono della testimonianza: “nella misura della sua libera disponibilità, i pensieri e gli affetti, la mentalità e il comportamento dell’uomo vengono lentamente purificati e trasformati, in un cammino mai compiutamente terminato in questa vita. La fede che si rende operosa per mezzo della carità (Gal 5,6) diventa un nuovo criterio di intelligenza e di azione che cambia tutta la vita dell'uomo (cfr Rm 12,2; Col 3,9-10; Ef 4,20-29; 2Cor 5,17)” (6).
Per la condivisione
1. Lasciare tutto e seguire il Signore è quanto richiesto al credente, ma in che termini? Siamo davvero consapevoli e capaci di tutto ciò? Lo siamo fino in fondo?
2. Quali i rischi più concreti e nascosti di cedere e di perdere la propria autenticità? Rischiamo di diventare funzionari del sacro, assistenti sociali, culturali, ricreativi, sportivi?
3. La vita pratica, di carità, è la prima testimonianza della fede e, in fondo, anche la più facilmente visibile. Come la viviamo?
5. IL CONTENUTO: la “forma” con cui si crede e la “materia” a cui si dà l’assenso
Stare con Gesù, abitare con lui, è l’esperienza del discepolo che cambia la vita: “fin dall’inizio del mio ministero come Successore di Pietro ho ricordato l’esigenza di riscoprire il cammino della fede per mettere in luce con sempre maggiore evidenza la gioia ed il rinnovato entusiasmo dell’incontro con Cristo” (2). Perché il sale non diventi insipido e la luce nascosta è perciò necessario per tutti tornare al “pozzo della samaritana”, per ascoltare Gesù e da lui ricevere l’acqua viva. Si tratta di un invito insistente che ritorna, in particolare, quale nutrimento prezioso ed irrinunciabile della fede di ciascuno.
Se la fides qua creditur (la “forma” con cui si crede) è costituita dall’atteggiamento di abbandono fiduciale al Padre di cui lo stesso Gesù è esempio e modello nel momento supremo della prova, si pensi all’episodio del Getsemani, la fides quae creditur (la “materia” a cui si dà l’assenso) ne precisa i contenuti che la tradizione ha fedelmente trasmesso nei secoli e la teologia ha sempre più fedelmente compreso (cfr. Dei Verbum n. 8).
“La fede è decidere di stare con il Signore per vivere con Lui. E questo "stare con Lui" introduce alla comprensione delle ragioni per cui si crede” (10). È proprio stando con il Signore che la chiesa ha definito nel tempo, a partire dalla rivelazione, le verità che costituiscono il contenuto del credere, il depositum fidei.
L’11 ottobre 2012 segna il ventesimo anniversario di pubblicazione del Catechismo della Chiesa Cattolica, strumento a servizio della catechesi pubblicato da papa Giovanni Paolo II con il contributo di tutto l’episcopato cattolico. Papa Benedetto lo definisce “uno dei frutti più importanti del Concilio Vaticano II” (11). Egli auspica la conoscenza di un testo in cui “emerge la ricchezza di insegnamento che la Chiesa ha accolto, custodito ed offerto nei suoi duemila anni di storia. Dalla Sacra Scrittura ai Padri della Chiesa, dai Maestri di teologia ai Santi che hanno attraversato i secoli, il Catechismo offre una memoria permanente dei tanti modi in cui la Chiesa ha meditato sulla fede e prodotto progresso nella dottrina per dare certezza ai credenti nella loro vita di fede” (11). Non è più sopportabile l’ignoranza della propria fede. Occorre urgentemente passare dalla conoscenza ricevuta nell’infanzia a una conoscenza che corrisponda alle esigenze culturali di una persona adulta. Ma la formazione non può essere lasciata all’iniziativa della singola persona. Le comunità parrocchiali, in collegamento tra loro e con la diocesi, devono prendersi cura di offrire percorsi formativi per sostenere una fede adulta.
Una delle parole-chiave oggi, lo ricordiamo, è formazione.
Per la condivisione
1. Se formazione è una parola-chiave, essa riguarda tutti: preti e laici. A quale livello è la nostra formazione?
2. Come siamo capaci di formare ed essere formati alla vita buona del vangelo? In particolare quanti hanno impegni ecclesiali (catechisti, animatori, membri degli organismi di partecipazione etc.) sono capaci, al di là della buona volontà, del servizio che offrono? Le varie scuole di formazione in diocesi funzionano? Sono valorizzate?
3. Chi ha sul serio scoperto Gesù lo vuole conoscere fino in fondo. Come rispondiamo a tale appello, a livello personale, di parrocchia, Unità Pastorale, forania, diocesi?
6. L’APPROFONDIMENTO CRITICO: il sì alla fede e gli interrogativi circa la fede
Il messaggio di Gesù è autenticamente in grado di offrire oggi speranza e serenità agli uomini segnati da mille difficoltà e infinite sofferenze. Quando esso viene offerto in maniera adeguata esercita un fascino quasi naturale. Siamo infatti convinti della sua immutata forza di attrazione.
Infatti “tante persone, pur non riconoscendo in sé il dono della fede, sono comunque in una sincera ricerca del senso ultimo e della verità definitiva sulla loro esistenza e sul mondo. Questa ricerca è un autentico "preambolo" alla fede, perché muove le persone sulla strada che conduce al mistero di Dio. La stessa ragione dell’uomo, infatti, porta insita l’esigenza di "ciò che vale e permane sempre". Tale esigenza costituisce un invito permanente, inscritto indelebilmente nel cuore umano, a mettersi in cammino per trovare Colui che non cercheremmo se non ci fosse già venuto incontro” (10).
Poiché la chiesa è il primo soggetto della fede, sarà in essa che l’uomo potrà trovare quei contenuti che cerca. Interrogando il proprio cuore inquieto che si pone alla ricerca e all’ascolto, l’uomo contemporaneo potrà/dovrà trovare nella comunità cristiana le risposte alle proprie, impellenti domande. Ma anche chi, per il battesimo ricevuto, già appartiene alla chiesa, ha sempre bisogno di riprendere ed approfondire i contenuti in cui crede. “Avere la fede non significa essere esenti da dubbi, non significa camminare alla luce della visione, né essere muniti di una fede che non subisce prove: la fede può vacillare, può a volte venire meno, diventare incredulità” (E. Bianchi, Convegno, n. 78).
L’urgenza dell’anno della fede viene anche dalla chiara consapevolezza, “delle gravi difficoltà del tempo, soprattutto riguardo alla professione della vera fede e alla sua retta interpretazione” (5).
La coincidenza con il cinquantesimo anniversario dell’apertura del concilio Vaticano II sta a significare che, guardando ai testi conciliari, è possibile trovare la rotta giusta del cammino della fede. Essi vanno letti, conosciuti, assimilati.
Giovanni Paolo II: “Sento più che mai il dovere di additare il Concilio, come la grande grazia di cui la Chiesa ha beneficiato nel secolo XX: in esso ci è offerta una sicura bussola per orientarci nel cammino del secolo che si apre” (Novo millennio ineunte, n. 57).
Per la condivisione
1. Sappiamo individuare i tratti della “ricerca di senso” tra la nostra gente quale occasione di annuncio della Parola? La nostra gente non è piuttosto interessata al concreto quotidiano, all’interesse spicciolo, ai piccoli orizzonti? Il tempo di crisi favorisce o blocca la ricerca? Può essere la parrocchia luogo accogliente per chi è alla ricerca, quasi un piccolo cortile dei gentili?
2. L’anniversario dell’inizio del concilio è l’occasione di una rinnovata adesione ad esso. È per noi la “bussola sicura”. I suoi documenti sono sentiti come un punto di riferimento valido ancor oggi?
3. A quale livello è la nostra conoscenza dei testi conciliari e dei successivi interventi del magistero che li completano (secondo l’ermeneutica della riforma nella continuità, espressione ben nota richiamata da papa Benedetto XVI)?
8. LA PROVA: le difficoltà della fede
Nella esperienza quotidiana, nella vita di ogni giorno, “gioie e dolori, fatiche e speranze” vanno sempre insieme. La fede può dare entusiasmo, ma anche mettere alla prova ed essere essa stessa messa alla prova. Il sì della fede non è mai un sì definitivo, ma sempre a rischio. Ogni giorno si devono rinnovare le motivazioni del credere.
Le difficoltà e le sofferenze sono prove, talora ardue, che portano alla crisi e perfino al rifiuto di Dio. Tutto ciò non può e non deve spaventare, ma va serenamente accettato come segno del limite ed anche delle povertà umane. È quanto Pietro stesso sembra affermare: "Perciò siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere, per un po’ di tempo, afflitti da varie prove, affinché la vostra fede, messa alla prova, molto più preziosa dell’oro – destinato a perire e tuttavia purificato con fuoco – torni a vostra lode, gloria e onore quando Gesù Cristo si manifesterà. Voi lo amate, pur senza averlo visto e ora, senza vederlo, credete in lui. Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa, mentre raggiungete la mèta della vostra fede: la salvezza delle anime" (1Pt 1,6-9) (15).
È stata questa, in fondo, anche l’esperienza dei santi che il papa intende ricordare. Nonostante tutto ciò l’annuncio cristiano si è mantenuto forte, solido e gioioso nel tempo. Attraversando un mare a volte agitato, la barca della chiesa non è naufragata, ma continua il suo andare sereno verso il porto auspicato. Perciò al Cristo vincitore del peccato e della morte ci si potrà continuamente affidare con fiducia, Egli, presente in mezzo a noi, vince il potere del maligno (cfr Lc 11,20) e la Chiesa, comunità visibile della sua misericordia, permane in Lui come segno della riconciliazione definitiva con il Padre. (15).
Per la condivisione
1. Vi possono essere molte difficoltà nella vita del credente, a livello pastorale, relazionale, personale. Come le affrontiamo (dialogo, confessione, direzione spirituale, studio etc.)?
2. Siamo attenti alle difficoltà dei fratelli vicini e convinti della necessità, "gareggiamo nello stimarci a vicenda"?
3. Prevale la serenità di fondo frutto della fede o talora gli impegni concreti e quelli pastorali sembrano incombere e togliere il respiro?
Che cosa mi riprometto da questo ANNO della FEDE che inizia in tutto il mondo cattolico?
Anno della Fede
2012-2013
La porta della fede