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Anno della Fede
2012-2013
La difficile fede
La “difficile “ fede nel Risorto si misura e si corrobora nella vita. Siamo “uomini-donne pasquali” e “testimoni della risurrezione”. Il che non è una tesi, ma una vita, personale e comunitaria.
La “difficoltà” della fede pasquale vissuta si riduce sempre più con due fondamentali dati, mai sufficientemente ripetuti: l’eliminazione delle tenebre del peccato (Rm 13,12) e il possesso degli “occhi illuminati del cuore” (Ef 1,18).
L’operazione pasquale di base è la lotta al peccato, il continuo attuarsi della conversione dall’«uomo vecchio» all’«uomo nuovo» in ogni cristiano e nella comunità ecclesiale. Quando una persona, una famiglia, una comunità parrocchiale si chiudono nel drammatico limite delle loro miserie non possono cantare la risurrezione.
La porta della fede
Ma “la fede difficile” nel Risorto domanda pure un supplemento di lume. E’ il lume che ci viene dall’ascolto della Parola da doversi favorire sempre, in famiglia e nella comunità ecclesiale, mediante una pratica catechistica seria specie per gli adulti, perché una fede evangelizzata e catechizzata superi la inconsistente e nebulosa “religiosità” di troppi cattolici che non sanno quasi nulla dell’intero mistero di Cristo. Tutto ciò tuttavia, non é fecondo senza gli “occhi illuminati del cuore” di cui parla S. Paolo (Ef 1,18), che significano un amoroso guardare e conoscere generato dalla preghiera costante e dallo Spirito Santo. Nello Spirito e nella comunione orante la fede pasquale splende e diventa vita.
Bisogna abituarci a vivere in compagnia della “fede difficile”. Non dirlo è restare bambini sballottati “da ogni vento di dottrina, secondo l’inganno degli uomini” (Ef 4,14). Perché la fede é sempre minacciata dal di dentro e dal di fuori di noi e Dio stesso la mette alla prova “come l’oro nel crogiolo” (Prov 17,3). “Fare Pasqua” é anche sopportare con forza e con gioia quel che in noi, nella vita sociale, nella stessa comunità ecclesiale, mette a prova, appare grigiore e tenebra, tentazione e contraddizione. Dobbiamo andare oltre quel che si sente e si vede di contrario da far sembrare che il peccato e la morte dominino ancora il mondo.
Ciò non è possibile senza silenzio interiore da tutti trovabile, senza sostare nella preghiera che dà quiete e discernimento, senza abituarci a contemplare silenziosamente le meraviglie di Dio, sempre presenti tra le contorte vie della vita. Se uno smette di pregare mette in sicuro rischio la propria fede. Se una comunità parrocchiale non si diffonde nella preghiera e nella contemplazione della verità, diventa un agglomerato infedele, smarrito, abbattuto.
La formazione alla preghiera - cosa mai da darsi per scontata - insieme ad una tensione escatologica delle “cose di lassù”(Col 3,1) dove il Risorto siede alla destra del Padre, sono punto nodale per ogni cristiano e per ogni comunità ecclesiale.